L’approccio di molti produttori di sistemi smart home prevede la distribuzione nelle case di molti dispositivi con sensori specifici.
Un termostato ad esempio ha un sensore di temperatura e magari di umidità, mentre un sistema antifurto si basa su rilevatori di movimento e una porta “smart” su un sensore di contatto.
Tutti questi sensori poi devono comunicare, idealmente, fra loro e con una “intelligenza” di controllo. È complesso e anche inutile, almeno a considerare in prospettiva i risultati del progetto Synthetic Sensors della Carnegie Mellon University.
In questo progetto i ricercatori sono partiti da un presupposto completamente diverso rispetto alla distribuzione di sensori mirati: adottare un unico super-sensore che possa rilevare molti tipi di parametri, grazie al fatto che la sensoristica in sé si è notevolmente miniaturizzata. E il mega-sensore è anche di semplice installazione, tanto che basta inserirlo in una presa elettrica.
Il prototipo del mega-sensore della Carnegie Mellon è in grado di rilevare una decina di elementi: vibrazioni, rumori, temperatura, umidità, pressione atmosferica, luminosità, colori, movimento, intensità dei campi elettromagnetici, presenza di reti WiFi (con identificazione del SSID). Grazie a questa ricchezza di informazioni è stato possibile associare a particolari eventi una “descrizione” in base a come tali eventi modificano l’ambiente circostante e di conseguenza quali sensori attivano.
Ad esempio, l’evento “accendere la luce” modifica i valori rilevati dal sensore di luminosità e non gli altri sensori, mentre “bussare alla porta” attiva il microfono e il sensore di movimento. Partendo da questo punto di vista si possono creare i Synthetic Sensors che danno il nome al progetto: sensori “di sintesi” che non esistono nella realtà ma che si creano correlando i dati dei sensori di base.
Imparare dall’ambiente
La fase più importante nello sviluppo dei Synthetic Sensors è prevedibilmente il loro addestramento. Il super-sensore deve “imparare” a quali modifiche ambientali corrispondono i molti potenziali eventi che si possono monitorare in una abitazione. L’elemento di spicco del progetto è che eventi che a noi sembrano praticamente identici, come l’apertura e la chiusura dello sportello di un forno a microonde, sono in realtà facilmente distinguibili da un multi-sensore addestrato (all’apertura ci sono più emissioni elettromagnetiche, in questo caso).
L’addestramento dei Synthetic Sensors è stato portato avanti in due modi complementari. Nella modalità di apprendimento automatico il super-sensore è stato lasciato libero di monitorare l’ambiente e i dati raccolti sono stati dati in pasto a un sistema di deep/machine learning alla ricerca di eventi significativi. Parallelamente il sensore è stato addestrato per “dimostrazione”, riproducendo esplicitamente un evento perché il sistema imparasse quali parametri ambientali influenza.
Secondo i ricercatori della Carnegie Mellon il progetto Synthetic Sensors è stato complessivamente un successo: effettivamente un unico sistema come il prototipo realizzato può identificare molti eventi da Smart Home (una quarantina nei test) in vari ambienti contigui di una abitazione. Quello che gli manca è una interfaccia utilizzabile dai consumatori, ma per i ricercatori il mega-sensore va visto come una “periferica” di un sistema di controllo preesistente come Google Home o Amazon Echo.