Dopo gli annunci presentati nei giorni scorsi da Google, in occasione del suo evento tutto dedicato alle novità hardware, qualche perplessità comincia a serpeggiare in rete, e non solo, rispetto a un annuncio specifico e un aspetto specifico che lo riguarda: Google Home e la privacy.
Il mondo che Google sta disegnando, è un mondo nel quale si disseminano infiniti punti di raccolta di informazioni, poi processati dal motore di intelligenza artificiale tradotto a sua volta in un Assistant virtuale.
E Google Home è probabilmente l’oggetto iconico di questa continua raccolta di dati.
Google Home è costantemente in modalità di ascolto: certo, è possibile disattivarlo premendo un bottone, ma qui torniamo alla vecchia logica dell’opt in e dell’opt out.
E se con una battuta si può dire che senza un minimo di attenzione Google Home potrebbe essere l’orecchio più impiccione che ci si ritrova in casa, con un po’ di spirito critico non possiamo non giungere alla conclusione che il “farsi gli affari nostri” del dispositivo per Google diventa poi un “farsi gli affari suoi”. Vale a dire business.
L’intelligenza Artificiale affamata di dati
Certo, se lo scenario è quello raccontato da Sundar Pichai, Ceo della società, vale a dire di un mondo AI First, guidato cioè dall’intelligenza artificiale, non possiamo non renderci conto di quanto questa sia affamata di dati.
E il fatto che Google su questo segmento di mercato metta in gioco costantemente il proprio nome, è probabilmente una ulteriore dimostrazione di quanto la partita sia per lei importante.
Qualche osservatore fa notare che laddove Apple, Microsoft, la stessa Amazon hanno ribattezzato i propri assistenti Siri, Cortana, Alexa, Google abbia scelto un’altra strada: “Ok, Google”, è il comando di attivazione.
E da quel momento, dal momento in cui Google Home viene attivato, è un costante raccogliere dati su preferenze, umori, relazioni.
Per alimentare l’intelligenza artificiale di cui si vorrebbe ammantare il nostro futuro, il prezzo da pagare è un livello di zero-privacy, o giù di lì.
Siamo sicuri che sia davvero Ok, Google?