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Eu Bim Task Group e riflessi sulla domanda pubblica

Lo scenario del Bim per le Pubbliche Amministrazioni europee: lo Eu Bim Task Group e i riflessi sulla domanda pubblica in Italia

Se oggi si volesse guardare allo stato di adozione del Bim nei Paesi che aderiscono all’Unione Europea o all’Area Economica Europea si dovrebbe fare riferimento allo Eu Bim Task Group, la cui leadership è recentemente passata dal Regno Unito alla Francia (e alla Germania).

Il Gruppo di Lavoro, formato essenzialmente da delegazioni ministeriali, guidato da uno Steering Committee, in cui siede anche l’Italia, e raccolto in una General Assembly, raccoglie la quasi totalità dei Paesi che agiscono entro il contesto continentale.

Il Task Group, in effetti, dopo aver pubblicato un importante Manuale dedicato alla Domanda Pubblica, per conto della Commissione Europea, tradotto anche in cinese, in giapponese, in russo o in turco, ha messo a punto una Road Map che si espliciterà nei prossimi anni, probabilmente in collaborazione con il Cen e con le rappresentanze a livello europeo (professionali e imprenditoriali).

Più in generale, i filoni di diffusione della digitalizzazione sembrano essere i contratti pubblici e la gestione dei percorsi autorizzativi relativi alla pianificazione urbanistica e all’edilizia privata.

In primo luogo, occorre constatare che l’obbligatorietà generalizzata per il primo tema è appannaggio di pochi ordinamenti nazionali, tra cui spicca quello italiano.

Nel Regno Unito, il celebre mandato con scadenza all’Aprile 2016 era, infatti, limitato alle amministrazioni centrali inglesi, le altre Home Country prevedevano specifiche soglie.
Soprattutto, l’evoluzione digitale è ora affidata al Centre for Digital Built Britain e a UK Bim Alliance.

Il governo britannico, peraltro, dopo, sia pure parzialmente, essere riuscito indirettamente a tradurre le pre-norme BS PAS nelle norme EN ISO 19650, è riuscito a stipulare numerose convenzioni o almeno accordi nel Commonwealth, nel Middle East e nella Central & Southern America.

In Francia, ove non vi è alcuna forma della cogenza, sono ora attive due importanti iniziative come Plan BIM 2022 e Projet National MINnD Saison 2, mentre in Germania, accanto al neo costituito Centro di Competenza Federale affidato dal Ministero delle Infrastrutture Digitali e dei Trasporti nonché dal Ministero degli Interni, a Planen Bauen 4.0, prosperano i centri di Competenza statali, a partire da quello della Renania Settentrionale-Vestfalia. In questo Paese, le scadenze sono affidate ai singoli ministeri federali e statali, affiancati, ad esempio, da Deutsche Bahn e da DEGES.

In Spagna, nonostante sia ora attiva una commissione interministeriale, l’obbligatorietà promessa non si è sinora inverata.

In Norvegia e in Finlandia proseguono, spesso con ingenti finanziamenti pubblici, le iniziative e le sperimentazioni che ne fanno i Paesi, assieme all’Olanda, al Lussemburgo e ai Paesi Baltici, che posseggono probabilmente la più elevata maturità digitale, mentre la Danimarca resta storicamente il primo a Paese Europeo in cui sia sorta una manifestazione di obbligatorietà nel 2007 e nel 2011.

Rilevanti sembrano gli sforzi ministeriali perseguiti nella Repubblica Ceca, ma sensibilità più o meno accentuate sul lato governativo si avvertono in Austria, Croazia, Grecia, Irlanda, Islanda, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Svizzera, Ungheria. Non risultano particolari segnali, invece, in Belgio, Bulgaria, Romania, Serbia.

L’obbligatorietà non è, perciò, alle viste nella maggior parte dei Paesi Europei: per questa ragione, l’Italia appare come un importante soggetto sperimentatore.

Al contempo, però, anche se le maggiori amministrazioni pubbliche (come, ad esempio, le agenzie statali, autostradali, ferroviarie e demaniali) sembrano essere tra i maggiori protagonisti, anche alcune amministrazioni comunali hanno effettuato interessanti sperimentazioni, in materia di lavori pubblici, come Melzo in Italia, o di edilizia privata, come Vantaa in Finlandia.

Non sono da sottovalutare anche iniziative sistemiche come quelle adottate dalla Regione Sardegna in Italia o dal Department for Education nel Regno Unito per l’edilizia scolastica.
D’altra parte, per quanto si disponga di numerosi osservatorî nazionali (come in Italia e in Spagna) e indagini, esiste un solo studio comparativo, realizzato nel 2018 in Francia, commissionato dall’allora Plan Transition Numérique dans le Bâtiment.

Benché, ovviamente, sussistano profonde differenze tra i mercati domestici, sarebbe importante capire in che misura possano esistere affinità tra le medie e le piccole amministrazioni locali, tenendo conto che le stime condotte dalla Commissione Europea prevedono 250.000 compratori pubblici sul mercato comunitario, di cui 35.000 si troverebbero in Italia.

Di conseguenza, la sfida politica che si pone alla Commissione Europea riguarda la possibilità di costituire un ceto professionale comunitario di committenza e di regolazione, in particolare negli enti locali, in grado di assicurare maggiore professionalità, trasparenza, concorrenza nel Digital Single Market.

Ciò spiega anche l’interesse degli attori comunitari nei confronti delle metriche atte a misurare l’evoluzione della maturità digitale negli Stati Membri, certamente più importante dell’obbligatorietà.

Il caso italiano dimostra, in effetti, che i requisiti cogenti, almeno sinora, non hanno sufficientemente destato l’attenzione generalizzata delle amministrazioni pubbliche per un coacervo di ragioni che dipartono, in definitiva, da una profonda immaturità digitale complessiva.

È chiaro, dunque, che la trasformazione digitale del settore della costruzione e dell’immobiliare, che passa per le leve della transizione digitale nella Domanda Pubblica, è argomento che incidendo sulla qualità della spesa pubblica, è tema politico per eccellenza che investe direttamente i ministeri economici, oltre, naturalmente, a quelli tradizionalmente competenti.

Non si tratta, infatti, solo di «sbloccare i cantieri» o di ridurre i tempi di attraversamento amministrativo, ma di avviare pure una profonda rivisitazione della digitalizzazione della amministrazione pubblica complessiva che, proprio a proposito di criticità poc’anzi accennate, richiede un approccio olistico.

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