Lavorare in Bim ha tra gli obiettivi primari il perseguimento dell’efficienza e, in supporto ai normali flussi di progettazione integrata, l’abbattimento degli sprechi e il Piano per la Gestione Informativa (Bim Execution Plan) è uno degli strumenti fondamentali per il lavoro in BIM.
Spesso, tuttavia, si trasforma in un documento troppo articolato e complesso per risultare davvero utile, generando a sua volta quello spreco che dovrebbe avere l’obiettivo di abbattere.
Bim Execution Plan, Strumenti per un piano di gestione informativa agile, scritto da Chiara Rizzarda e Gabriele Gallo, è un libro edito da Tecniche Nuove che affronta la tematica in modo definitivo, tanto da diventare uno strumento di lavoro.
Il libro è stato presentato in anteprima al SAIE 2020, il 14 ottobre alle ore 13.30 presso l’area eventi Ibimi.
Utilizzando strumenti all’avanguardia per la progettazione dei processi presi in prestito dal Lean, dall’Agile e dal Design Thinking, il manuale fornisce un framework per la creazione di documenti veloci, snelli, modulari che siano veramente utili al processo: un Bim Execution Plan stampabile in una tavola A0.
Il framework è conforme ai requisiti specificati nella ISO 19650: Organizzazione e digitalizzazione delle informazioni relative all’edilizia e alle opere di ingegneria civile, incluso la Gestione informativa mediante il Building Information Modeling e segue i principi enunciati nei vari capitoli della norma tecnica UNI 11337: Edilizia e opere di ingegneria civile – Gestione digitale dei processi informativi delle costruzioni.
Laura Tiburzi, Laureata in Ingegneria Edile-Architettura presso il Politecnico di Milano, ha studiato e lavorato in diversi Paesi tra Europa e Asia sfruttando la sua curiosità e l’amore per le lingue straniere. Al momento ricopre il ruolo di Bim Coordinator presso lo studio di Mario Cucinella ed è tra le voci più appassionate, puntuali ed empatiche del panorama BIM italiano. Ha scritto l’introduzione al libro di Chiara Rizzarda e Gabriele Gallo, un testo che esprime chiaramente la passione per il proprio lavoro e la valenza di questo libro nel trasmettere il senso e l’utilità del Bim. Ve lo proponiamo integralmente di seguito.
Credo che il mio lavoro non riguardi solo la progettazione di edifici, ma anche di spazi dove le persone si sentono a proprio agio. Per questo motivo, tecnologia e architettura dovrebbero lavorare insieme per fornire soluzioni migliori e sostenibilità trasversale. L’approccio Bim ci offre l’opportunità di migliorare il controllo del progetto dal punto di vista tecnico, economico e comunicativo, scrive Laura Tiburzi.
Romanzi e manuali sono figli del loro tempo, ma a volte riescono nell’intento di spingere la riflessione di chi li legge “un po’ più in là”, fungendo da ponte tra ambiti e generazioni. Questo testo non è un pregevole tentativo di definire staticamente lo stato dell’arte, ma suggerisce una riflessione per gli attori della filiera edile affinché si aggiunga più valore al prodotto finale cambiando l’approccio fin dalle fasi iniziali.
Quello che immaginiamo con i nostri progetti è una visione gettata avanti (pro-jacere), ma al centro dell’architettura in senso lato vi è chi la esperirà come abitante fisso o di passaggio, chi la gestirà, chi suo malgrado ne subirà le conseguenze per decenni o per secoli. Le richieste del cliente e le risposte del team devono essere calate sulla situazione specifica sia in termini formali che procedurali e metodologici. Il BIM e l’approccio Lean rendono più evidenti tali necessità e, contemporaneamente, propongono alcune possibili strategie di miglioramento.
Può sembrare un incipit molto umanistico per un libro che parla di BIM, ma uno dei cardini fondamentali di questo testo è mettere al centro le persone (termine generico ma che nel libro viene spiegato nella sua accezione più puntualmente progettuale), cioè chi usufruirà degli edifici e chi vi opera nella fase di concezione e costruzione, dando loro il diritto e il dovere di collaborare.
Invito dunque il lettore a immergersi nella lettura curioso e convinto che potrà applicare in prima persona alcuni dei principi espressi. Lavorare in BIM ci mette di fronte all’importanza di operare con l’obiettivo in mente; obbliga tutti a porsi delle domande su quali informazioni veramente servono e a quale scopo; il manufatto nasce nella nostra testa, si sviluppa in modelli fisici e digitali, viene costruito, vive della vita e dell’evoluzione delle persone che lo popolano e cambia caricandosi di una sua propria storia. Di tutti questi passaggi noi siamo responsabili fin da subito.
Per trarre il meglio dal metodo BIM necessitiamo di consapevolezza e comunicazione. Come professionisti siamo investiti dell’onere di conoscere la nostra materia al meglio delle nostre possibilità e dello stato dell’arte; studiare e fare pratica sono due ottimi strumenti per diventare sempre più consapevoli. Ma non siamo mai abbastanza consapevoli finché il nostro rimane un discorso autoreferenziale o un soliloquio professionale.
La collaborazione tra le nostre competenze lavorative e la comunicazione ci fa fare il salto di qualità: comunicare è un’attività faticosa ma molto utile. Per comunicare serve identificare nel contesto un mittente, un messaggio, un mezzo, uno strumento che codifichi e uno che decodifichi, un ricevente e un processo di feedback.
Nell’evolversi e formalizzarsi del BIM, tutto questo è stato definito da una serie di concetti (e un faticoso fiorire di acronimi che rischiano di non aiutare la comunicazione stessa, ma questo è un altro tema), che dobbiamo conoscere e usare.
Quella che percepiamo noi è solo una parte di un processo più complesso nel quale siamo attori necessari ma non unici, co-protagonisti e registi allo stesso tempo. Dobbiamo interrogare, ascoltare e mettere a sistema anche le necessità e le conoscenze delle altre “personae” per identificare usi e obiettivi: certamente ci sono tutti i professionisti con i quali collaborare, ma anche Stefano, l’informatico che studierà con noi come gestire i dati, Maria che giocherà nel suo nuovo asilo, l’autotrasportatore Mirko che percorrerà l’autostrada che stiamo sviluppando, Camilla che opererà nell’ala nord dell’ospedale, i dirigenti di una fabbrica, gli studenti che affollano la nuova stazione della metro, gli anziani che vivono il parco, i disabili che vorrebbero essere più autonomi in biblioteca e anche il legale che stenderà i contratti e molte altre figure.
Sono felice che questo libro si sia concretizzato perché, oltre a nascere direttamente in italiano da operatori che conoscono la realtà specifica del nostro Paese, sono sicura che la visione poliedrica di Chiara e la capacità di rendere accessibili i concetti attraverso il gioco di Gabriele abbiano creato un testo che, come il loro precedente libro, potrà essere un aiuto concreto alla diffusione della cultura BIM al meglio delle sue potenzialità.
Lo sforzo normativo, l’applicazione del Lean al di fuori dell’ambito manifatturiero, l’andamento della ricerca accademica e del mercato internazionale stanno mostrando sia le potenzialità che le sfide del BIM; a noi sta conoscerle e capire se e come inserirci in questo processo. Probabilmente tra qualche anno non parleremo nemmeno più strettamente di BIM, forse avremo coniato un nuovo termine, ma sono convinta che sia grazie anche a testi come questo e all’impegno di tutti noi di metabolizzarli e farli nostri nella vita professionale che si possa aggiungere davvero valore a quello che facciamo. Nel breve spazio di un’introduzione non ho la pretesa di addentrarmi nel concetto di qualità, ma vi lascio alla lettura con una provocazione: come possiamo noi, svolgendo il nostro lavoro, aggiungere qualità, farla percepire ai nostri clienti finali, farci pagare per essa ed essere più sostenibili con il nostro intervento in senso olistico? Che ruolo hanno, nel nostro approccio, tecnologia, soft skills, contratti, forma mentis e processi?
Chi sono gli autori
Chiara C. Rizzarda
Ha studiato Architettura al Politecnico di Milano e ha ricoperto il ruolo di BIM Coordinator in due grandi studi di architettura italiani, dedicandosi sempre alla divulgazione tecnica e alla formazione. È istruttore certificato Autodesk e siede al tavolo di lavoro per la norma UNI sulla digitalizzazione dei processi in edilizia. Attualmente si occupa di training, ottimizzazione di processo e tutoring, principalmente in ambito infrastrutturale.
Gabriele Gallo
Ha studiato Storia all’Università di Torino e lavorato per cinque anni in edilizia. Ha poi frequentato la Event Horizon School of Digital Art, da cui è uscito con un’insana attrazione per i punti di contatto tra gioco e architettura. Oggi si dedica a tempo pieno al Game Design, alternandosi tra la produzione di videogiochi, la scrittura e l’insegnamento.