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La lungimiranza di Ideal Standard

Ieri sera a Milano è successa una cosa fuori dall’ordinario: Ideal Standard ha aperto il suo nuovo showroom di via Domodossola 19 alle stampanti 3D.

Una scelta che in sè ha una forte componente di visione in avanti, che peraltro si addice alla società, oltre che di voglia di stupire, altro connotato che le si può riconoscere.

In fin dei conti Ideal Standard aveva invitato gli architetti milanesi per parlare e mostrare loro la sua nuova tecnologia Aquablade. E ci sta. Il fatto di metterle a fianco le stampanti 3D fornite per l’occasione dalla lecchese Sdm, (sta a Molteno, per la precisione) realtà guidata dall’altrettanto lungimirante Marcello Andreacchio, ci porta in una dimensione differente, di valore aggiunto.

A fare gli onori di casa c’era Stefano Crotti, training manager di Ideal Standard, che ha lasciato all’architetto parmigiano Andrea Pacciani il compito di tracciare il collegamento fra stampa 3d e arredo bagno.

Che, in sintesi, è riassumibile nella considerazione che siamo nell’era in cui i limiti all’immaginazione e alla replicabilità degli oggetti non ci sono più.

Pacciani ha ricordato ai suoi colleghi che la stampa 3D deriva dal mondo della prototipazione ed è un processo additivo nel creare.
In questo senso è già in osmosi con la costruzione edilizia, essendo questa additiva.

Quello che porta in più è un terreno di sperimentazioni.
Pacciani ha detto di «non pensare che con la stampa 3D si faranno tutti gli oggetti del mondo», ma una parte consistente. Quale? Quella dei prototipi, dei pezzi unici, delle piccole serie.

E dopo aver sottolineato che «in Italia c’è il maggior numero di stampanti 3D al mondo dopo gli USA» e che «gli italiani, insieme ai cinesi, sono l’avanguardia della stampa 3D per l’edilizia», ha spinto gli architetti a usarla per affermare il proprio ruolo: creare un valore percepibile.
Come accaduto, del resto, nel mondo del protesico e come sta accadendo nel dentale.
E per i progettisti si aprono due scenari: «fare cose che non si possono fare con altra tecnologia, oppure recuperare e ricreare le cose che si sono perse».

In entrambi i casi, si crea stupore e si fa capire che la propria visione è lunga.

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